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Descrizione
Gaetano Marabello ha già risolto nel 2014 il giallo dell’identità di un ex giudice borbonico che, pur celato dietro un anagramma, ebbe il coraggio di pubblicare un pamphlet critico verso la legge Pica. Ora, la sua passione storica lo ha portato a rendere pubblica la sin qui ignota replica alla relazione Massari sul Brigantaggio, che Francesco II di Borbone dall’esilio romano volle affidare a caldo ad un (oggi) illustre sconosciuto come Giorgio Palomba, marchese di Cesa e Pascarola.
Com’è noto, il bilioso parlamentare tarantino accusò l’ultimo sovrano napolitano di sostenere, in combutta con Pio IX, la ribellione armata che infuocava i territori del Sud annessi al Piemonte. La replica fu pubblicata in francese, probabilmente a Londra: circostanze che potrebbero averne ostacolato la conoscenza presso gli storici del Brigantaggio. Il testo, ascritto – almeno sinora – al filone di polemica antiunitaria “minore”, una volta tradotto dal curatore, ha aperto la via ad ulteriori indagini. Esse hanno consentito di “profilare gli snodi essenziali della biografia” del marchese, ma soprattutto di “ricostruire la genesi dello scritto e contestualizzarlo storicamente”, come osserva nella prefazione Mario Spagnoletti, già docente di Storia Contemporanea all’Università di Bari. Si tratta dunque di una novità assoluta.
Gaetano Marabello, giornalista, ricercatore storico, è nato a Messina e vive a Bari. Collabora con la pubblicazione tradizionalista napoletana L’Alfiere e con la rivista di studi extraeuropei Africana. Ha scritto su periodici come Meridiana Sud, Due Sicilie, La Fiaccola, Brigantaggio, Il Carlino, e sul quotidiano Rinascita. Ha già pubblicato Briganti e Pellirosse e, per i tipi di Controcorrente, La legge Pica (1863-1865). I crimini di guerra dell’Italia Unita nel Sud.
«Se Napoli avesse tanto sofferto sotto i Borbone,
si sarebbe facilmente accontentata della novella dominazione.
La sua resistenza produce
evidentemente il dilemma che o essa non ha
sofferto sotto l’antico governo, o che il nuovo
è ben peggiore dell’antico e non ha
per conseguenza ragione d’esistere.»
(Giorgio Palomba)
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