“Dalla globalizzazione selvaggia alla delocalizzazione passando per il salario minimo europeo”
di Alessandro Sposato
Buongiorno a tutti, oggi proverò a spaziare all’interno di un perimetro difficile e complesso ma allo stesso tempo retto da un elementare logica capitalistica, utilizzando il mio punto di osservazione, quello di un lavoratore.
Nel mondo della globalizzazione, a parità di volumi trattati, l’accesso alle risorse necessarie alla produzione è sostanzialmente uguale per tutte le aziende, come sono del tutto simili i costi per l’acquisto, l’ uso e la manutenzione dei mezzi di produzione. Ciò che invece oggi, purtroppo, costituisce la vera variabile per una maggior competitività è il COSTO DEL LAVORO oggetto di un costante tentativo di erosione da parte della politica europea a vantaggio dell’élite finanziaria globale.
Il governo europeo, rappresentante diretto e nemmeno celato degli interessi delle multinazionali, ha creato dalla Troica al Mes fino all’attuale PNRR gli strumenti finanziari che hanno permesso di acquisire la sovranità degli stati membri in cambio di soldi DA RESTITUIRE. Incredibile! Notate anche voi similitudini con la tecnica utilizzata da “cosa nostra” quando presta denaro ad un esercente? Praticamente soldi in cambio della libertà. Lascio davvero volentieri ad ognuno di voi e alla vostra fantasia la possibilità di tessere gli altri oscuri interessi e tasselli celati da questa follia.
Il meccanismo del PNRR è semplicissimo, a fronte della realizzazione delle riforme imposte (528 vincoli) dall’Europa, questa sblocca e stanzia dei soldi verso lo stato obbediente, indebitandolo ed incatenandolo a se stessa.
I singoli parlamenti degli stati membri sono così ridotti ad una mera democrazia costituzionale (mutuando l’aggettivo dalla monarchia ingles) ovvero un parlamento figurativo che non è più sovrano del proprio Paese, che non può in pratica legiferare in autonomia ma può solo ratificare le riforme che, attraverso il ricatto dei soldi, l’Europa impone all’economia nazionale. Pertanto all’Italia fu imposto Mario Draghi che sta all’Europa come la Torre in settima per il bianco in una partita a scacchi.
Veniamo al dunque, questi soldi dove finiranno? Quali saranno le imprese che ne beneficeranno? A chi toccherà restituirli?
Sarebbe interessante la visione di qualche libero economista ma nel frattempo azzardiamo qualche suggerimento civile.
Innanzitutto molto banalmente occorre che le imprese beneficiarie dei finanziamenti facciano un patto con lo Stato finalizzato al mantenimento dell’occupazione, della produzione e della commercializzazione del prodotto in ITALIA per tanto tempo. Non si può permettere alle Imprese di accedere ai finanziamenti Italiani attraverso i quali creano ricchezza per poi spenderla all’estero. Tutto deve rimanere nel territorio Nazionale, perché sia chiaro il processo LAVORO, PRODUZIONE, VENDITA e CAPITALE.
Ho aggiunto il Capitale perché occorre tutelare anche gli azionisti che troppo spesso vengono estromessi dai dividendi in ragione di investimenti e ricapitalizzazioni che fruttano solo per gli stretti membri dei CDA. La classica politica finanziaria della suddivisione delle perdite tra gli azionisti unita agli investimenti degli utili in circuiti vicini alle influenze dei board di amministrazione non credo sorprendono più nessuno.
Proseguendo verso la discesa della globalizzazione selvaggia vi chiedo come finirà? Sarà una macelleria sociale? A me pare che nemmeno la grande ”élite sovranista” sia del tutto consapevole di quello che sta provocando ma con un po’ di fantasia lo si può visualizzare usando l’immagine surreale di uomini che bevono giulivi del buon Prosecco mentre sono su un aereo in inesorabile caduta libera.
C’è ancora da chiedersi se, gli equilibri e i contrappesi messi in campo dai governi dei vari stati nel tempo per bilanciare il potere del capitale e per cercare di tutelare la sicurezza e la dignità del lavoratore lasceranno invece il campo alla logica della competitività perversa imposta dalla globalizzazione?
La stessa globalizzazione per altro innescata masochisticamente anche dagli stessi consumatori che alla ricerca del prezzo d’acquisto più basso condannano se stessi, in quanto lavoratori, ad una misera condizione sociale e di conseguenza condannano gli azionisti delle aziende alla contrazione del valore dell’azione sul mercato globalizzato ed esasperatamente competitivo.
Da sempre, insomma da quando per la prima volte alle scuole medie mi parlarono del trattato di Maastricht rimasi affascinato dall’idea di pace e unione dei popoli, qualche dubbio già allora mi venne sentendo parlare della libera circolazione delle merci , ma un bambino come poteva capire che si stavano mettendo le fondamenta di una propaganda che ci avrebbe condotto addirittura ad ambire un’Europa votata agli interessi del capitale prima di quelli dei suoi cittadini.
Dall’ingresso nell’euro dell’Italia con il rapporto 1:2 euro/lira fu chiaro quanto poco contasse il nostro Paese e a distanza di 20 anni con la cessione della nostra sovranità si è concluso il percorso di annessione dell’ Italia in qualità di stato “membro” ( vocabolo da connotare con la sua declinazione anatomica).
L’Inghilterra, per contro, Paese con dignità e sovranità (ahinoi anche oltre i propri confini) ha già preso la strada della libertà lasciando alla mercé dei capitali le imprese delle nazioni più deboli come l’Italia, grazie alla classe politica dirigente nazionale compiacente e asservita a questa dinamica.
Il tema sul tavolo di oggi è quindi come possa un Popolo sovrano impedire ad un’élite governativa votata al solo interesse finanziario, che venga concluso il disegno di ridurre i salari dei lavoratori, aumentare la precarietà, colpire le piccole e medie imprese ed impoverire il tessuto sociale compreso tra i piccoli azionisti e il lavoratore precario part-time.
Obbiettivo che se raggiunto, ci renderà privi della possibilità di vivere con dignità la nostra esistenza, relegandoci alla dimensione del tutto assimilabile alla mera vita biologica.