Attualità

Buonismo vs Etica

1 Settembre 2022

A proposito delle critiche rivolte al discusso post di Rizzo su Gorbaciov, nel quale il primo brinda alla morte del secondo, quando avrebbe invece potuto formulare, del tutto legittimamente, un bilancio critico dell’itinerario politico dell’ex Presidente sovietico (che, di questi tempi pare sia anche necessario precisarlo, non ha la nostra simpatia), chi parla di “retorica dei buoni sentimenti” confonde, col solito incedere mistificatorio, il buonismo con l’etica: uno dei pilastri della Civiltà Europea fondata da Omero. E indipendentemente da tutte le possibili banalizzazioni ed ironie concepibili sul tema, sicuramente foriere del plauso di molti internauti, ma il dato non è di per sé sorprendente, una società senza etica e rispetto della morte, di qualunque morte financo del peggior nemico, merita l’oblio (noi europei, non casualmente, vi siamo prossimi).

Anche l’Achille colmo di ira per l’uccisione di Patroclo, dopo aver promesso ad un Ettore morente di lasciarne il corpo in pasto alle belve, di fronte al dolore di Priamo si ravvede e, mostrando umana Pietas – lui, semi-divino -, concede al Re di Troia la degna sepoltura di suo figlio, Ettore. Ora chi sostiene che la politica come la vita si fondi sulla dicotomia amore-odio e che per coppie oppositive diverse ci siano i cosiddetti moderati e/o i liberal-democratici in tutte le loro possibili declinazioni, non solo sbaglia, ma sbaglia due volte. La prima perché ci sono evidentemente altri e ben più nobili sentimenti, dell’amore e dell’odio, su cui fondare le proprie linee di convergenza e divergenza politica, oltre che esistenziale, come ad esempio la dicotomia affinità-disprezzo. Quest’ultimo essendo, diversamente dall’odio, privo del volgare risentimento proprio degli esseri abietti. La seconda perché i cosiddetti moderati e/o liberal-democratici si sono dimostrati, e ad ogni occasione si dimostrano, non meno avvezzi all’odio di coloro che a ragione o torto vengono ascritti nel novero dell’estremismo politico. Su questo, un inciso: autocollocarsi, in termini assoluti e per così dire ‘assiologici’, in una delle ali estreme del sistema politico è, da un lato, una prova di sudditanza alla dimensione geografico-assiale su cui si fonda l’attuale sistema politico-ideologico, dall’altro, un’evidente confessione di imbecillità. La giustizia, lo sappiamo, è nel mezzo, nella misura, nell’equilibrio. Solo uno spostato potrebbe autodefinirsi estremista e accettare che le proprie posizioni vengano rese irricevibili dall’equazione marginalità politica=lontananza dalla misura e riconoscendo a chi occupa il centro del sistema politico-ideologico l’attributo della moderazione. Questo significa, tra le altre cose, corroborarne l’immagine di partiti affidabili e responsabili, in una parola moderati, appunto. Cosa c’è, invece, di più estremista delle politiche antinazionali ed antipopolari prodotte negli ultimi decenni da centro-destra e centro-sinistra?

Tornando a noi, è curioso che questa confusione tra etica e retorica dei buoni sentimenti venga proprio da una parte di quel microcosmo che si è sempre presentato come erede di un superiore crisma etico rispetto agli individui abietti di Piazzale Loreto ed ai loro apologeti postumi. Cosa cambia, allora, in termini di etica ed antropologia? Ecco, quando ci si avvicina a delle posizioni politico-ideologiche lo si fa sempre irrazionalmente, sulla base delle emozioni, delle sensazioni epidermiche, delle fascinazioni. A volte anche per caso. Poi nel tempo, con la lettura, lo studio e le esperienze si razionalizza la propria scelta, si coglie il senso della propria collocazione e se ne acquisiscono le ragioni più oggettive e razionali. Ma sia nelle bozze di una sensazione adolescenziale sia nel ragionamento della – relativa – maturità, l’etica, anche nell’asprezza del conflitto, resta per me una stella polare imprescindibile. Quale sarebbe, altrimenti, il senso di stare dalla parte giusta della storia, quella dei Vinti di ieri e dei Vincitori di domani?

Davide D’Intino

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