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Attualità

8 Marzo. A vincere è sempre e solo la cultura della resa!

9 Marzo 2019

La retorica che accompagna annualmente la ricorrenza della festa della donna finisce con l’ingigantirsi nel tempo invece di spegnersi. Il politicamente corretto sostenuto dalla dittatura dei “diritti inviolabili dell’uomo” ora ha inserito un nuovo aggettivo accanto al termine della festività, quello di genere, meno differenzialista e più appropriato ad indicare la condizione di somiglianza fra uomo e donna. E se i mass media si piegano supinamente a queste imposizioni trasnazionali non si comprende a questo punto per cosa si dovrebbe combattere, visto l’indiscutibile riconoscimento di uguaglianza.

L’antico cavallo di battaglia della parità in realtà in Italia non è stato ancora smantellato e ritorna ad essere ostentato con orgoglio nelle processioni mediatiche dei liberali e delle femministe, che anche quando hanno una cultura giuridica soddisfacente, come la Buongiorno, sanno liquidare l’argomento chiedendo alle destre di lottare per la parità, sovrapponendosi alla voce degli innumerevoli fallimenti di sinistra.

Il dibattito politico e culturale si è a tal punto immiserito che un volantino militante di giovani Leghisti calabresi è l’unico a far notizia e sciorina l’intellighenzia progressista che impone la dissociazione del Vice Premier Salvini, pena l’accusa di conservatorismo o peggio di fascismo. La donna del nuovo secolo libera e indipendente non può pensare di tornare ad essere angelo del focolare, la maternità non è un diritto come per la legge islamica, troppo oscurantista, ma è il dovere imposto dalla natura per perpetuare la specie. Oggi 8 Marzo per difendere la propria dignità le donne scendono in piazza e protestano contro i loro mariti, contro i datori di lavoro, contro il governo, contro tutto forse anche contro se stesse, contro il pudore sicuramente di mostrare volti di plastica in televisione più libertari dei volti puliti nascosti sotto un velo dittatoriale, per quanto meno guardabili. Protestano perché hanno raggiunto degli obiettivi nobili in questi anni e non vogliono rinunciarvi: lavorare come schiave, chiuse in uffici dal soffitto basso e la luce fredda per otto o nove ore al giorno e sentirsi finalmente realizzate con la promessa di carriere manageriali; possono non rinunciare alla maternità pur vedendo i propri figli una giornata intera solo quando vanno in pensione e non dimentichiamo la fortuna di svegliarsi a cinquant’anni volendo essere madre e affittare l’utero di una ventenne per fabbricare il proprio bambino oppure il regalare al figlio l’esperienza di una maternità senza paternità e aberrazioni simili.

Cosa ha permesso loro di raggiungere questi nobili obiettivi? Certo le politiche di sinistra e destra, di certo l’inseguire la chimera dello Stato di diritto, che ha potenziato la parità con quote rosa, femminicidio, difesa di genere, pari opportunità, demonizzazione del termine famiglia fino al suo riassorbimento nel coacervo del pluralismo delle famiglie, laicizzazione di ogni cosa che abbia un fondamento sacro dal matrimonio alla Nazione, dal generare al nascere in un luogo. E questi diritti preziosi le donne di oggi se li tengono stretti, guai a perderli, a doversi realmente confrontarsi con l’uomo, senza sconti, per merito, guai a trovarsi di fronte degli uomini e non degli omuncoli rabboniti, guai a scegliere di essere madre chiedendo allo Stato di veder salvaguardata la propria naturale aspettativa, senza nascondere il pancione pensando al licenziamento, potendo abortire se per errore un ovocita è fecondato da uno spermatozoo poco gradito. Intanto in Italia la demografia crolla, le famiglie dopo il primo figlio, soprattutto se di grado sociale elevato si separano, le problematiche psichiche delle donne aumentano come l’uso di farmaci ansiolitici anche in giovanissimi e il punto di riferimento di questi politici è la Francia con la percentuale di 1 figlio e mezzo a famiglia e le famiglie formate per la maggior parte da genitori separati con secondi figli con altri compagni. Non le riforme augustee per riformare i costumi di un impero malato moralmente, non le leggi russe che hanno risollevato un Paese in pochi anni non il risveglio della Germania post prima guerra mondiale ma la morente Francia con il suo leader Macron che ha fatto indignare una Nazione intera con il suo pressapochismo e le sue politiche di Austerity.

Il Vice premier Salvini si dissocia dal volantino di una sua sezione e fa promesse di parità come il senatore Pillon né l’uno né l’altro, ancor meno i partner di governo hanno chiaro evidentemente che non possono rappresentare un’alternativa senza parlare di un’alternativa valoriale.

Se i valori su cui si vuole riformare questo Stato finiscono con l’incontrarsi con quelli liberal progressisti, dovremo rassegnarci a vederci donne a metà, non più rappresentate dalla gentilezza della Beatrice di Dante al punto onesta da condurre l’uomo in viaggi paradisiaci o dalle sembianze della nobildonna fiorentina Simonetta Vespucci, ritratta come una Venere dal Botticelli. Né sarà la genialità affascinante di una Cleopatra ad ispirarci, la cultura di una Aspasia, l’arguzia di un’Agrippina, la forza di una Evita Peron, la sagacia di una Ipazia. Certo che no. La politica della resa mortifica la nostra storia e vanifica il nostro futuro, offrendoci modelli che dalla Ferragni alla D’urso, dalla Santanché alla Madia, da Madre Teresa a Michelle Obama hanno molto poco di straordinario e troppo di mediocre e costruito.

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