di Giorgia Durigon
Ormai da due mesi a questa parte abbiamo subito e stiamo tuttora subendo un’interruzione temporale. È come se tutto si fosse fermato di fronte alla bestia nera del virus. Questa bestia fa paura. In una continua ripetizione, quasi si trattasse di preghiera, leggiamo e sentiamo notizie, opinioni e commenti rispetto a virus, numero di contagiati, numero di morti, attuazione di misure di contenimento, distanziamento sociale, quarantena e l’immancabile crisi economica. Crisi che empiricamente possiamo saggiare gettando uno sguardo all’esterno e alle nostre tasche. C’è chi si sente sconfitto per il crollo di tutte le “verità” alle quali si era, per tutta la vita, affidato: il lavoro, l’auto, le cene con i colleghi, l’incazzatura per il traffico, il bicchiere di vino prima di dormire per riuscire a provare un momento di piacere al di fuori dell’abituale lamento che chiamiamo vita e ovviamente il denaro, la politica, le banche, l’occupazione mentale continua. Questo soggetto fermo a casa non può far altro che finalmente guardare se stesso, ha due scelte: comprendere l’improvvisa inutilità di tutto ciò che chiamava vita e darci quindi una sferzata di cambiamento, oppure averne nostalgia, sperare di tornare presto alla sua passata routine e accontentarsi dell’illusoria bistecca che gli viene offerta.
“Gli esseri umani non sono più umani. Non siamo più abituati a vedere chi nasce e chi muore, difatti siamo più morti che vivi.”
Qui, ovviamente, non si sottovalutano rischi o regole per evitarli, non si hanno di certo le competenze specializzate a farlo, ma si vuole reclamare una certa libertà di sentire un fastidioso prurito al sentire le parole “pandemia”, “virus”, “vaccino”, “mascherina”, “metro o due di distanza”, “quarantena” e affiliati. Urticaria che non accenna a migliorare, uno sfogo che proviene da un’interna incomprensione, che peggiora ogni volta che si vede una fila al supermercato formata da una schiera di formichine laboriose e ubbidienti che si coprono il viso e le mani per evitare di essere toccati dalla morte invisibile. Paura? Forse, o forse la vera paura che hanno è quella di una multa qualora uscissero dall’ovile e che non riuscirebbero a pagare senza doversi togliere del cibo caldo in tavola. È così che accettano di essere messi al giogo e hanno fatto abitudine quella di portare le mascherine.
Paure, paure, paure. In realtà, il prurito sovviene rendendosi che conto che l’abitudine alle maschere già ce l’eravamo fatta prima e che tutte queste nuove norme (non a caso) rendono esplicito e ora perfettamente visibile qualcosa che era già in atto da un po’: l’annullamento dell’essere. Ecco che allora, prima di guarire, lo sfogo finale e lo sgomento… non eravamo liberi prima, non stavamo vivendo prima, ci vendevano delle maschere per far finta di essere vivi!
Gli esseri umani non sono più umani. Non siamo più abituati a vedere chi nasce e chi muore, difatti siamo più morti che vivi. Ci siamo abituati a vedere tutto attraverso il filtro della “stabilità”, senza capire che si tratta di stagnazione. Ci siamo abituati a credere normale una vita senza mozioni dell’animo, senza errare per poi ritrovare, abbiamo creduto di poterci fidare e di non avere alternative. Anzi, che questo stile di vita fosse la migliore delle possibilità, vivendo nella paura di perderne le comodità. Come alberi cui radici affondano in un terreno inquinato, che conoscendo solo quel mondo, pensano di non essere ammalati, lottano duramente per mantenersi lì radicati anche quando giunge vicino a loro un buon contadino che decide di ripiantarli in un terreno fertile e pulito; cercheranno di scacciare le mani sapienti e forti del contadino, si aggrapperanno alla terra sporca con tutta la loro forza, ma essendone rimasta poca finalmente si lasceranno fare, così in un terreno pulito riscopriranno il dolce sapore dei propri frutti. Un sogno per alcuni, o meglio per quelli che credono che un terreno pulito non esista, cioè che l’umanità non esista più in questo modo.
In effetti, restare nel sogno è molto difficile di questi tempi. Basta guardarsi intorno, quali sono le notizie che sentite in continuazione tutto il giorno? Girano tutte intorno agli effetti della scienza sulla nostra vita quotidiana, si basano tutte esclusivamente su osservazioni empiriche e muovono dalle paure e le paure rendono le persone cieche. Si parla molto, moltissimo degli anziani, dei pericoli che corrono, quindi li vogliamo isolare, anzi per paura facciamo sì che il loro attaccamento alla vita aumenti a dismisura e preferiscano stare soli in casa piuttosto che ricevere visite dai nipotini con il rischio che questi, che prima forse erano considerati amorevolmente, si trasformino ora in untori. Tutte queste considerazioni partono dall’esplicito “secondo piano” dedicato agli affetti e all’umanità, in vetrina c’è posto solo per i numeri.
Con queste premesse, forse a molti non risulterà sconvolgente che la gravidanza e le nuove nascite siano trattate allo stesso modo della produzione in serie di saponi. Forse non sconvolge perché così come le mascherine sono la manifestazione delle precedenti maschere che già portavamo, così il fatto che un padre non possa assistere al percorso che le istituzioni dedicano alle nascite ora che c’è il rischio di ammalarsi è semplicemente lo specchio di come viene considerata la famiglia, la nascita, la donna, l’uomo e il bambino in questa versione del mondo. Ora una futura mamma all’ottavo mese deve arrangiarsi, o meglio essere arrangiata, e togliere quello che evidentemente è normalmente considerato un contentino per i partner cioè assistere alle fasi mediche del nascituro e della puerpera. Ma ricordiamoci che questo modo di agire rispecchia la prassi. Bambino e madre vengono considerati un binomio nel quale il padre non ha un ruolo fondamentale, quindi è facilmente messo all’angolo, anzi è il primo a essere messo all’angolo, meglio avere un ginecologo affianco! Certo uno si dice, l’unica cosa che importa a un medico è che la salute fisica del bambino e della madre sia monitorata, non stupisce allora che ella dai medici non sia trattata come una futura mamma e tutto ciò che ne consegue, ma come un pezzo di carne da tenere sott’occhio affinché porti a termine la sua missione. Non dovrebbe nemmeno stupire allora che la sala parto si trasformi spesso in un’officina dove la madre deve mettersi in posizioni spesso non consone oltre che scomode, in una sala bianca piena di sconosciuti, non stupisce nemmeno che non appena venuta alla luce, la creatura sia tenuta in mano da uno sconosciuto che immediatamente pensa a recidere il legame che fisicamente ha legato due vite per nove mesi. Non stupisce che ora molti padri non abbiano la possibilità di vedere il proprio figlio venire al mondo, non li lasciano nemmeno accompagnare le madri presso la visita ostetrica!
“…per essere trattata normalmente dovete avere a disposizione dai 1200 ai 3000 euro.”
Per ovviare alla troppa meccanicizzazione offrono alle madri consulenze psicologiche, sempre da parte di sconosciute psicologhe che pensano di conoscerle meglio di loro stesse. Molti, soprattutto i medici, si arrabbieranno a queste parole. Ovviamente, il ruolo dei medici è fondamentale, non si discute questo, si discute la loro preponderanza presunta sulle decisioni riguardanti i membri che stanno per formare, o ampliare, un nucleo familiare. Per quanto riguarda la psicologa non dovrebbe dare consigli non sollecitati, è una figura importantissima per molte donne che in un mondo che non vede più la puerpera circondata da un ambiente rassicurante e di supporto, che deresponsabilizza le famiglie di origine a dar loro supporto e che le calcola in base a quanto tempo avranno bisogno per tornare in ufficio, allora è normale che cerchino dell’aiuto. Questo però non dà a nessuno il diritto di sconvolgere il ruolo di padre e di madre, o di far passare come secondaria la condivisione di responsabilità che i due hanno nella nascita e crescita del bambino. Se una donna è tanto fortunata da avere un compagno al suo fianco, lui deve avere tutto il diritto di rendersi presente.
Ma quali sono le alternative? Ecco, queste esistono anche se nonostante lunghe ricerche non sempre siano del tutto chiare. Una bella mossa fu fatta nel 2016, con una proposta di legge che riconosceva la sacralità del parto traducendola in diritti del neonato e della madre nella scelta delle modalità di svolgimento del parto fisiologico, quindi si spera sempre in passi avanti riguardo questo tema così delicato. Per ora, però, per poter partorire in sicurezza, con persone scelte e fidate al proprio fianco, evitando abusi medici, in un luogo più rassicurante di una bianca sala parto bisogna contattare due ostetriche per il parto a domicilio! Oppure recarsi a una Casa di Maternità, nella quale proporranno massaggio yogico alla coppia e al neonato, tanto amore e coperte pulite! Ci sono così tante alternative, care mamme. Ah sì, certo, dimenticavo…per essere trattata normalmente dovete avere a disposizione dai 1200 ai 3000 euro. Che pensavate, la normalità si paga al giorno d’oggi, come il pane a 20 euro/kg.