Cultura

Le donne e il mare

11 Maggio 2021

Il mare come specchio del dominio maschile o riflesso della profondità dell’animo femminile? Florindo di Monaco ne parla nel suo ultimo libro “Le donne e il mare” di cui ci ha regalato un interessante presentazione.

di Florindo di Monaco

«Lo spettacolo del mare fa sempre una profonda impressione. Esso è l’immagine di
quell’infinito che attira senza posa il pensiero, e nel quale senza posa il pensiero va a
perdersi». Queste le sensazioni che provava Madame de Staël davanti alla liquida,
azzurra distesa che sembra non aver mai fine.
«Alle donne la terra, agli uomini il mare», si è sempre detto, legando la figura
femminile esclusivamente alla fertilità e alla madre terra. Navi e barche sono state a
lungo considerate un dominio maschile. Per secoli, si è creduto addirittura che le
donne a bordo portassero sfortuna distraendo i naviganti dalla giusta rotta,
un’ancestrale credenza che echeggia il mito delle Sirene.
La Giornata Mondiale degli Oceani, che si celebra l’8 giugno di ogni anno, dà
l’occasione per ricordare che il mare è entrato da protagonista nella vita di molte
donne che non hanno esitato a imbarcarsi e ad affrontare le onde, pur di abbattere
convenzioni sociali e tabù prima ancora che flutti e marosi. Ho scritto questo libro Le
donne e il mare per raccontare la felice convivenza che le donne in ogni tempo e
ancor più negli ultimi anni intrattengono con acque, flutti e profondità oceaniche. La
vita trascorsa dalle donne sul mare è una vicenda sommersa, e purtroppo ignorata, di
coraggio, avventura e passione. Perché l’altra metà del cielo non è anche l’altra metà
del mare?
Il rapporto d’amore tra la donna e il mare ha origini antiche e rivela sorprese
inaspettate. La mitologia greca è ricca di divinità femminili delle acque. In principio
era Talassa, la dea primordiale del mare, seguita da un corteo di Nereidi e Oceanine.
Secoli addietro, le pioniere della navigazione sono state costrette ad assumere nomi e
abiti maschili per accedere a un mondo esclusivo degli uomini.
Intorno all’anno Mille, una vichinga di nome Freydís Eiríksdóttir, figlia del noto
condottiero Erik il Rosso, parte per una spedizione diretta verso il Vinland,
probabilmente l’odierna Terranova, prima donna a toccare il continente americano.
Molte “regine dei mari” hanno scritto a grandi lettere il loro nome nella storia della
navigazione, come l’irlandese Grace O’Malley, che teneva sotto il suo pugno di ferro
migliaia di uomini e al timone di una dozzina di navi osò lanciare il suo guanto di
sfida alla potentissima Elisabetta I Tudor. Nel XVII e XVII secolo, le donne che
sognavano di percorrere i mari non avevano altra scelta che navigare sotto la bandiera
dei pirati e fingersi uomini in tutto e per tutto. Nella marineria inglese la fecero da
padrone Anne Bonny e Mary Read, due figure leggendarie di bucaniere le cui gesta
ardimentose rimasero a lungo vive nell’immaginario collettivo.
Ai primi dell’Ottocento, Ching Shih, trovatasi al comando della più grande flotta
pirata di tutti i tempi, 1500 imbarcazioni con a bordo dalle 20.000 alle 40.000 persone
tra uomini, donne e perfino bambini, seminava il terrore nel Mar Cinese meridionale.
In anni più vicini a noi, le donne con le loro barche a vela si sono avventurate da sole
alla conquista degli oceani. Non meno coraggiose, le maratonete dei marosi macinano

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miglia su miglia in balia di correnti e ondate imprevedibili attraversando a nuoto il
canale della Manica, lo stretto di Gibilterra e altri difficili tratti di mare.
A conferma della loro vocazione marinara, le donne compiono prodezze
indescrivibili. Eugenie Clark, la Signora degli squali, cavalca sul dorso di uno squalo
balena di 15 metri e fa l’ultima immersione subacquea a 92 anni. L’oceanografa
Sylvia Earle colleziona più di 7000 ore di immersioni e nel 1979 cammina sul fondo
marino a -381 metri, stabilendo il record della massima profondità mai raggiunta da
un essere umano senza sommergibile. Jill Heinerth nel 1998 è la prima persona al
mondo a immergersi nelle grotte di ghiaccio dell’Antartide, e nel 2000 è il primo
essere umano a calarsi all’interno di un gigantesco iceberg.
L’ardimento delle donne non conosce limiti. Spericolate amazzoni marine cavalcano
gigantesche muraglie d’acqua, onde alte come una casa. La cosa che mi piace di più
scendendo da un’onda è sentire la potenza e l’energia dell’oceanodice Justine Dupont,
orgogliosa di “domare” onde da brivido.


Ma il rapporto delle donne con il regno di Nettuno non è fatto solo di avventure
mozzafiato. C’è un esercito anonimo di contadine del mare, donne di ogni età, che
tornano a riva con le reti e le imbarcazioni traboccanti di pescato. Più di 100.000
donne lavorano nel settore della pesca all’interno dell’Unione europea. Fin dal 2000,
nel porto di Palermo le donne caricano e scaricano camion e container anche in piena
notte. In India, lungo la costa di Ramanathapuram, sul Golfo del Bengala, duemila
donne non più giovani si tuffano in alto mare per raccogliere le preziose agar agar,
alghe rosse da cui estraggono un dolcificante naturale. In Giappone, da 5000 anni
le ama si immergono alla ricerca di perle e crostacei, restando in apnea anche per più
di un minuto. Intramontabili sirene, le ultracinquantenni Haenyeo a Jeju, una
cinquantina di isolette della Corea del Sud, da centinaia di anni scendono fino a trenta
metri di profondità in acque infestate da meduse e squali, senza bombole e senza
maschere di ossigeno, e riescono a trattenere il respiro per più di tre minuti.
Con i numerosi soffitti di cristallo abbattuti, i “timoni rosa”, le donne al comando di
mega navi da crociera, non sono più un miraggio. Sul ponte di comando troneggiano
impeccabili signore in divisa.
Sono circa 1.700 le donne arruolate nella Marina militare italiana, ma ne saranno
presto molte di più visto il gran numero di ragazze che chiedono di entrare
nell’Accademia Navale di Livorno con la prospettiva di una brillante carriera. Il 19
giugno 2013, il tenente di vascello (attualmente il grado più elevato raggiunto da una
donna) Catia Pellegrino, classe 1976, è la prima donna chiamata a comandare una
nave militare, il Libra. Nel 2014 sette giovanissime militari sono le prime
sommergibiliste italiane. È uno degli ultimi tabù a cadere. Per il 2025 una di loro
potrebbe realizzare il sogno di comandare un sottomarino.
Diceva Gertrude Ederle, la prima donna al mondo ad attraversare a nuoto la Manica
nel 1926, e lo ripetono con lei le tante “eroine” innamorate del mare: Per me, il mare
è come una persona, come un bambino che ho conosciuto per un lungo periodo di
tempo. Quando nuoto, col mare io ci parlo. Non mi sento mai sola quando sono là, in
mezzo alle onde.

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