Attualità

Moneta come credito, l’alternativa vera.

1 Aprile 2020

Intervista a Francesco Filini

di Marina Simeone

Franscesco Filini è nato nel 1978 a Roma dove risiede. Economista, è dottore in Scienze politiche, con tesi in filosofia della politica. Nel 2015 ha pubblicato per le edizioni Solfanelli “Il segreto della moneta. Verso la rivoluzione auritiana”. E’ membro della Scuola di Studi Giuridici Monetari Giacinto Auriti. Ha un suo blog rapporto aureo dove esprime le sue considerazioni sulla questione monetaria.

La scuola di studi giuridico monetari “Giacinto Auriti” ha una lunga e nota storia. Nel dibattito attuale quali sono a suo parere le tematiche per le quali si differenzia dagli altri indirizzi di pensiero?

Noi abbiamo una visione totalmente opposta sulla moneta. La moneta non deve rappresentare un debito, ma un mezzo, che deve essere a disposizione dei cittadini. Deve nascere non come un debito ma come un credito. Portiamo avanti una teoria giuridica sulla moneta prima che economica

Sarebbe auspicabile e possibile attuare nell’attuale Democrazia liberale una condizione di sovranità monetaria?

Bisogna innanzitutto intendersi sulla sovranità monetaria. Per molti essa rappresenta un ritorno alla lira nel momento in cui si vive con la moneta unica. Questa non è sovranità monetaria; non è sovranità monetaria quella che ha il Giappone o gli Stati Uniti, non lo è perché il sistema di creazione del denaro attuale, valido a livello mondiale, si basa su una emissione a debito. Per noi sovranità monetaria significa avere una moneta che nasca come credito, perché è una moneta di proprietà del portatore, del cittadino, che dà valore al mezzo monetario. E’ sicuramente possibile oggi introdurre la sovranità monetaria in una società quale quella in cui viviamo, lo si può fare gradualmente, attraverso delle monete complementari, come si sta ipotizzando in questo momento di crisi, in cui sono stati messi a nudo i difetti del sistema economico e monetario. E’ possibile e auspicabile cominciare a parlare e pensare ad una moneta che sia a disposizione direttamente dei cittadini, che, ripeto, ne sanciscono il valore.

Le politiche dell’Unione Europea stanno andando in questa direzione?

Assolutamente no. Se dovessimo ragionare con i canoni del sistema monetario attuale, vigente, che non è quello auspicabile, dobbiamo constatare l’enorme difficoltà a livello europeo, soprattutto delle economie del nord Europa, accettare il fatto che va condivisa la risposta a questa crisi. Questo significherebbe per l’asse del nord Europa rinunciare a quel vantaggio che si sono costruiti nel corso di questi due decenni e con il quale hanno vissuto a discapito degli altri Paesi, tra cui anche dell’Italia. Non vogliono rinunciare a tale vantaggio e anzi agiscono come a volerla far pagare alla fascia mediterranea dell’ Unione Europea. Queste cose sono diventate evidenti e anche i più feroci europeisti si stanno rendendo conto di come L’Unione agisca. Ma l’Europa deve comprendere che se cade l’Italia cade l’Europa. L’Italia è parte integrante di un sistema economico radicato nel Vecchio Continente.

Risponde alle richieste europee e all’inefficienza del governo italiano la svolta “keynesiana” di Mario Draghi?

Non la ritengo assolutamente keynesiana la svolta di Mario Draghi, lo sarebbe stata se avesse risposto allo schema: deficit pubblico e spesa pubblica ad alimentare il sistema economico. Mario Draghi non ha proposto questo! Le ho lette più volte le sue parole ed esse non fanno altro che dare seguito a quanto si sta facendo negli Stati Uniti con La Federal Reserve, quello che si sta facendo in Germania e che dice un economista italiano di tutto rispetto come Giulio Tremonti. In una fase in cui ci troviamo all’ anno zero dell’economia, in cui c’è uno shock sistemico che non è stato registrato nei libri di storia e che ha superato la crisi del 1929, del 1979 o del 2008, perché è di vasta scala e di livello globale, la prima cosa che occorre fare, dice Mario Draghi, è quella di andare a mettere liquidità immediata nel sistema produttivo, finanziando le imprese. Diversamente propone di Maio, che preferisce fare debito pubblico, così con la spesa pubblica si fanno ripartire i cantieri e tutti lavorano. Draghi e come ho detto prima Tremonti sono di altro parere e sentono come urgenza il dare credito a tasso zero a tutte le imprese a fondo perduto, e questo debito lo deve dare lo Stato per mezzo delle garanzie che lo Stato stesso fa nei confronti delle autorità monetarie ed economiche. C’è la Banca centrale Europea quindi che deve essere prestatore di una istanza del sistema produttivo non italiano ma Europeo, con la garanzia che deve dare lo Stato mediante la sua Autorità.  Questa non è una svolta keynesiana, tutt’ altro, si tratta di dare liquidità al sistema produttivo per rimetterlo in moto, perché tutta l’economia globale nasce dalla produzione e la produzione la garantiscono le imprese.

Il progetto IRI, rivisitato, richiamato anche da San Giuliano a Tg2post potrebbe essere una soluzione?

Si tornerà per forza di cose alla ricostruzione delle filiere nazionali. Noi abbiamo dismesso la nostra filiera nazionale ben rappresentata dall’IRI quando c’era il così detto Stato Imprenditore, nel momento in cui è iniziato il processo di ingresso nella Unione Europea poi sviluppatosi in modo più ampio nella globalizzazione. Interi settori produttivi sono stati abbandonati, svenduti, così per le telecomunicazioni, per il settore siderurgico e quanti ridotti ai minimi termini sono stati presi in gestione da altri. Abbiamo fatto quindi gli albergatori del resto del mondo, puntando sulla nostra indiscutibile bellezza. Ora che tale sistema è stato messo in discussione, l’Italia deve iniziare a produrre. Lo scorso anno durante un viaggio a Torino ho potuto visitare il Lingotto, quartiere nel quale si producevano le auto Fiat, adesso ridotto a Museo, perché non c’è produzione di auto. Se poi il modello di produzione deve essere quello di Stato imprenditore, con tutti i difetti che pur aveva, ben venga in nome della produzione che deve ripartire, essendo beni e servizi quelli che vengono scambiati con la moneta.

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