di Adolfo Durazzini
Era il 9 luglio del 1943, a seguito dell’operazione Torch, gli anglo-americani, insieme ai loro alleati francesi, polacchi e diverse tribù di altri indigeni, sguazzavano sull’invalicabile bagnasciuga siciliano. La mancata fede di molti italiani in una guerra che era ormai persa, ha permesso un tradimento assurdo e mai visto prima. La destituzione e gli arresti di un primo ministro, la capitolazione e il relativo passaggio ad un’altra alleanza, tanto da meritare non solo l’appellativo britannico di “pancia molle d’Europa” ma anche di meritarci la tragedia continua che abbiamo attraversato come paese incapace di essere Paese. A tale pro, la madre di Borsellino vietava ai figli di accettare qualsiasi dono dai soldati americani dicendo: “La Patria è sconfitta, i sacrifici sono stati inutili, non c’è da essere felici…”. La giravolta italiana purtroppo non era alle prime armi, già nel 1915 dovemmo entrare a patti con il nemico di ieri che in verità era l’amico dell’altro ieri, quindi entrare in guerra contro l’amico di ieri, che era il nemico dell’altro ieri. La storia d’Italia è satura di tradimenti, paure e ansie per le quali la popolazione e i “vertici” agirono come pecore mediocri, raggirati dai Maramaldo della situazione, quest’ultimi capaci soltanto di salvare la propria pelle e non quella del popolo, figuriamoci la dignità della nazione, che resta forte di una storia plurimillenaria e di una civiltà che sarebbe doveroso conservare, se non addirittura nel migliore dei casi, proseguire nel giusto evolversi del nostro divenire comune.
Il nuovo fronte si apre oggi con il Covid-19. Lo strano nemico invisibile è ingiustamente proclamato invisibile, infatti la sua visibilità traspare dal continuo andirivieni di forze militari estranee alla Fortezza Europa. Certo, di nemici invisibili ce ne sono stati tanti e tuttora ce ne sono, per alcuni è il Dajjal o l’Anticristo a determinare l’avanzata di forze umane e non umane in atto sul nostro territorio. Essi invocano la fine, l’apocalisse. Come dare loro torto? Se la condizione dell’uomo e dell’intera umanità dovesse sintetizzarsi in una melma di contraddizioni esistenziali come le nostre, allora forse anche un meteorite potrebbe aiutarci più di qualsiasi pandemia.
Tuttavia, per tornare a discorsi meno fantasiosi, quello che notiamo attualmente, è il continuo asservimento del nostro paese, il suo prosternarsi, senza l’eleganza degli orientali, a presunti e sempiterni liberatori, oggi yankee, domani russi. Arrivano i cubani con i sigari e il cioccolato. I tunisini, famosi per il loro amore per la nostra stirpe, ora sono pronti a venirci in aiuto. Mancano solo i greci, qualora ce ne fosse bisogno anche lo Stato di Haiti verrebbe a offrirci qualcosa. C’è chi declama già poesie per l’eterno amore tra Italia e Cina, per niente dettato da volontà economiche, per le quali saremmo i primi ad essere fagocitati. Così tanto amore per il nostro paese e il suo “buon vivere”, il suo eterno “italiani brava gente”. Ci lusinga, siamo davvero rallegrati che tra la Lagarde e i tedeschi, gli USA e i russi, finalmente possiamo avere anche il lusso di permetterci medici cinesi. Inoltre, siamo felici di poter ottenere anche aiuti strategici di ogni genere da parte della “terza Roma”: dopo il presunto sbarco europeo di 20000 soldati americani, diretti in Polonia, Romania e con alcuni che ancora si perdono per le campagne venete, si aggiungono le colonne verde taiga. Graduati russi, per la prima volta in via ufficiale, atterrano con la loro divisa sul nostro territorio, univocamente NATO, quindi allineato con gli USA, da quando abbiamo vinto la guerra contro i nostri vicini di casa, così scomodi e ingombranti da appenderli al traliccio di un benzinaio a Milano. Il segno dei tempi! – direbbe uno, dato che proprio al traliccio di un benzinaio è stata appesa parte della nostra storia politico-economica, inesorabilmente legata al corso del petrolio: da Mattei con l’ENI e il suo avvicinarsi all’Iran, sino alla raffinata stay behind; o il terzomondismo democristiano e l’era di Craxi di felice memoria per la beffa di Sigonella.
Il Bel Paese è stato così segnato a vivo da ricerche di sintesi a più livelli con i paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente, che più che tradursi in un vero sforzo di scambio anche culturale e valoriale purtroppo si soffermò, e si sofferma, a mera realpolitik con l’unico fine di ottenere un po’ di benzina. Quasi a voler finire arsi vivi come il Bonzo di Jannacci! L’integrazione europea si è fatta nell’ottica dello scambio di merci, di denaro. Ne sappiamo meno sui “fratelli” europei di quanto ne potesse sapere un qualsiasi pellegrino nel Medioevo. L’assenza di una geopolitica italiana, soggetta a eterni tutori stranieri, e l’assenza di una ferrea volontà centrale hanno permesso l’uccisione di Gheddafi, così da portar via un primo paese mediterraneo legato a noi visceralmente. Abbiamo tradito la Somalia, lasciandola in balìa di terroristi armati ovviamente da qualche nota potenza; abbiamo lasciato gli eritrei sbrigarsela da soli contro l’Etiopia, alla quale dovevamo ancora scie di scuse per una guerra dichiarata e vinta. Però, siamo andati in Libano, Kosovo, Siria, per conto di altre potenze.
L’Italia rimane imprigionata alla sorte di un Saturno dormiente e di una popolazione divisa che non sa cercarsi un’eredità egemone atta a spodestare i capetti di turno che continuamente guidano in alto mare una penisola che ha perso credibilità e dignità. Forse che un giorno questi dovranno fare i conti con chi sarà legittimamente capace di sottostare alla guida di Augusto? Anni or sono che si cerca di consigliare dei ministri, si scrivono teorie e bozze da seguire per una risorgenza italiana. Perché non giungere a una visione nuova, quale potrebbe essere una Viségrad italo-mediterranea? La politica terzomondista di una certa Italia, non era poi così sbagliata, fornirebbe ancora oggi un appoggio più dignitoso agli italiani, senza dover offrire ancora una volta il nostro territorio come campo di battaglia a potenze presumibilmente “amiche”.
Per tornare al virus, questo potrebbe e deve essere, il momento giusto per cambiare rotta, sicuramente oltrepassando paradigmi ormai sfatti, ideologie morte. Il cortocircuito che può avverarsi, potrà ripartire provocando la distruzione delle meridiane, proclamando la fine del tempo, scendere a patti con simboli altri e meno accessibili a coloro che sono impegnati in guerre da vasca da bagno. Perciò togliamoci dalla mente una prima cosa: l’istituzione modernamente costruita non è e non può fornire appoggio e aiuto alle persone.
Stare a casa significa riscoprire la famiglia, il vero nucleo tribale, il clan, oppure la propria indecifrabile solitudine a cospetto dell’invisibile. Non significa credere a presunte amicizie tra popoli, istituzioni, personaggi pubblici di gran rinomanza. Le grandi potenze non tendono politicamente una mano senza un retropensiero economico e di controllo delle nostre libertà, per esempio controllando lo spazio cibernetico ed elettrico provocano sempre di più rotture visibili alla salute mentale e fisica delle persone. Le alleanze, quelle vere, vanno cercate semmai con quei paesi che hanno sofferto e camminato per un percorso simile, una storia simile, una vicinanza di valori e virtù che tende una mano più duratura nel tempo rispetto al mero interesse sterile ed effimero quale il soldo, le mascherine o i medici, prelati dei tempi odierni.
L’Italia si deve riformare anche nel carattere dei propri cittadini, doveroso è il mutuo soccorso, il prestarsi volontario per aiutare il prossimo, lo schierarsi per mostrare a noi stessi, al mondo e a Dio che siamo ancora capaci di amarci e non solo di denunciarci, o impazzire davanti ad un televisore per la notizia probabile che dei tank russi stanno scorrazzando per via del Corso a Roma. Ritrovarsi, darsi una forma, unirsi e sentirsi uniti, solo attraverso una prova di questo genere ci ritroveremo come Patria, con la dignità dei nostri padri. Allora l’amicizia vera con popoli e altre stirpi sarà automatica, non imperniata sull’interesse, né sull’ipocrisia di un cosiddetto dovere morale o politico. Il mondo dovrà necessariamente arretrare nelle forme, non nelle essenze, di cui peraltro scarseggia! Non può essere chiamata sovversione il ripristino di qualcosa che è stato sovvertito, pertanto fare in modo che questa non ci tocchi, puntando lo sguardo al cielo e da questo tornare con i rinforzi in terra. Riscoprirsi tribù, clan, persone e non credere a tutto e a tutti, ma cercare ancora uno spazio sovrano, estrema libertà di coscienza in noi. Ora come ora siamo alle strette, trattati meritatamente come paese del terzo mondo, così che a breve saranno forse gli africani a darci una lezione, una mano, quella mano che non sappiamo più dare a nessuno, se non a quelli che hanno già la rogna.