Giustizia

Carceri, diritto alla salute e incostituzionalità del carcere ostativo. 3/3

23 Febbraio 2021

Intervista all’avv. Monica Moschioni. Introduzione e quesiti di Antonella Ricciardi.

“Un altro caso ancora del quale si è occupata è quello famoso di Raffaele Cutolo, in sostituzione temporanea dell’avvocato Gaetano Aufiero, che è tuttora il suo avvocato storico. In collaborazione, quindi, con l’avvocato Aufiero (che aveva chiesto la revoca del rinnovo del 41 bis), lei ha richiesto differimento della pena, cioè che potesse essere scontata in luogo diverso dal carcere: ad esempio una casa, o un centro per anziani, e con assistenza.”

“Avevo anche richiesto che potesse essere seguito presso una struttura ospedaliera,  perchè mancava una parte degli accertamenti.”

“Il medico chiesto da Aufiero?”

“Sì, esatto”

“E non era neanche di Ottaviano. E lui poi è andato in centro clinico o direttamente altrove?

” Lui è andato in un reparto dell’ospedale di Parma.”

“Direttamente in un centro sanitario del tutto esterno al carcere”

“Sì, è un centro esterno, fuori dalla struttura penitenziaria,  in un reparto che viene riservato a coloro che vengano da strutture detentive; comunque, è un reparto non per espiazione delle pene, ci si va a causa quando si entra in urgenza. Normalmente si viene ospitati in questo reparto detentivo, che prevede un pernottamento, cioè se il detenuto non deve semplicemente andare a fare solo una visita, piuttosto che un accertamento, radiografico, o ecografico, o che quel che sia, ma si deve avere un check up, che prevede un pernottamento in ospedale: è un reparto detentivo presso l’ospedale, oppure se avviene un evento critico: ad esempio, per un detenuto che un infarto, un ictus, o deve subire un accertamento, o  per un intervento chirurgico. Di solito però è per un periodo temporaneo: si arrivano ad effettuare gli accertamenti che sono previsti, gli interventi di urgenza. Nel caso del signor Cutolo si sta verificando una cosa abbastanza anomala…”

“Che sta diventando collocazione definitiva?”

“Perfetto”.

“Meglio che stare in carcere, ma comunque una strana situazione, di non differimento ufficiale e di non carcere”

“Infatti, se un detenuto rimane in una sezione detentiva, in ospedale, è evidente che le situazioni sono due: o ha una tale situazione di gravità, per cui gli interventi di urgenza sono continuativi, sono tutti i giorni, oppure è assolutamente inidoneo a rientrare presso una struttura detentiva, e, a questo punto, normalmente doveva scattare il differimento”.

“Addirittura è lampante che questa in teoria doveva essere la logica normale. Quindi, sicuramente è un bene che venga curato meglio lì, ma appunto è particolare questa situazione atipica: una situazione che somiglia a quelle simili del centro clinico..”

“E’  esattamente  l’esempio che le ho fatto prima: è come se un cittadino, libero da misure detentive, accedesse ad un pronto soccorso, e poi vi rimanesse a dormire, per un tempo indefinito”.

“Come se fosse la sua casa, in mancanza di possibilità migliori immediate, fattibili. Per quanto, quindi, richiesta di revoca del 41 bis (seguita dall’avv. Aufiero) e di assistenza a casa e in casa di riposo (seguita da lei, in collaborazione con Aufiero) siano state respinte tra fine settembre e metà ottobre circa,  Raffaele Cutolo rimane in un centro clinico esterno al carcere, per la sua evidente, attuale fragilità, dove può essere meglio seguito, da medici molto preparati. La questione del regime da applicargli  non è chiusa, perchè vi sarà ricorso in Cassazione contro il rinnovo del 41 bis. Lei in che condizioni aveva trovato Raffaele Cutolo quando lo aveva incontrato? E cosa pensa di questa temporanea battuta d’arresto di richieste di misure meno drastiche nei suoi confronti? Ricordiamo che l’aspetto medico della questione è prevalso, per merito anche alla direzione sanitaria del carcere di Parma, che lo ha fatto ammettere in centro sanitario esterno, e che è un fatto che la Nuova Camorra Organizzata non esista più dalla metà degli anni ’90 circa… Inoltre la Corte Costituzionale, nel 2019, aveva dichiarato incostituzionale l’articolo 4 bis, che vieta benefici senza collaborazione con la giustizia.”

“Io purtroppo ho avuto sempre la sfortuna di trovarlo sempre in  una situazione di non presenza a sè stesso, nel senso che non era in grado di interloquire: non abbiamo avuto occasione di scambiare delle parole, perchè lui era in stato soporoso, e non era in grado di rispondere a delle mie domande: quindi, non sono neanche sicura che riuscisse ad ascoltarmi, e riuscisse a comprendere quello che io gli chiedevo. Poi, ha avuto un miglioramento,  veramente è stato aiutato”.

“Sì, un miglioramento anche nel tornare a riconoscere moglie e figlia, ad esempio; però, comunque, non è dimissibile”.

“Sì, non è dimissibile;  diciamo che il signor Cutolo ha una situazione che probabilmente è quella tipica di una persona anziana, con un aggravamento ormai irreversibile della sua condizione di salute”.

“Certo non ringiovanisce…”

 “Esattamente, non diventa nè più giovane nè più sano, ammenochè non si possa considerare un miracolo! Ha delle patologie croniche: di miracoli io ne ho visti pochi…”

“Proprio perchè di solito non succedono, si chiamano miracoli…Comunque è in corso un ricorso in Cassazione contro il no alla revoca del 41 bis: naturalmente, ne tratterà l’avvocato Aufiero, però, di fronte a questa non dimissibilità, di fronte al fatto che comunque è estinta la Nuova Camorra Organizzata, e di fronte anche all’incostituzionalità del 4 bis: (questo fatto che, per la Corte Costituzionale, ed anche per la Corte di Strasburgo, non è sempre giusto negare i benefici senza collaborazione con la giustizia), e considerando che il diritto alla salute è qualcosa di maggiore e prevalente anche rispetto ai benefici, stessi, lei che ne pensa di questa tendenza, anche con altre persone, di avere difficoltà a prendere provvedimenti più netti, quando l’incompatibilità con il carcere emerga?”

“Io sono assolutamente una sostenitrice strenua del rispetto del nostro ordinamento penitenziario, e prima ancora della Costituzione. Il nostro ordinamento penitenziario contiene veramente tutto quello che serve, e non è neanche necessario fare riferimento ad altro”.

“Ed i fatti qua sembrano parlare”.

“Le norme sono assolutamente chiarissime, cioè nel senso che, nella misura in cui c’è un bene superiore, che è quello della salute, e del diritto alla vita, che è superiore a qualsiasi altro diritto”.

 “Certo Il diritto alla salute c’entra a volte con il diritto alla vita, in molti casi”.

“In questi casi bisogna avere un rango, una categoria, un ordine di grandezza prevalente rispetto agli altri diritti. Chiaramente, vanno commisurati, messi sui piatti della bilancia, ma con un’attenzione prevalente. Nel caso del signor Cutolo, per quanto riguarda la situazione, il rigetto della richiesta di differimento pena, nella forma della detenzione domiciliare, non è stato, ad oggi, presentato il ricorso per Cassazione: eventualmente, verrà rivalutata, in un secondo momento, una nuova istanza di detenzione domiciliare, perchè, per fortuna, lui attualmente sta avendo quelle cure, che erano l’obiettivo dei familiari.”

“Ma è anche un merito della casa circondariale  di Parma, che lo ha messo fuori (per quanto non libero del tutto): nel senso che ha permesso delle cure migliori?”

“Diciamo che, in questo caso, io credo che ci sia stata una coincidenza fortunata, chiamiamola così, cioè la presenza di un accertamento sulla compatibilità o meno delle condizioni di salute del signor Cutolo, ha portato il carcere di Parma ad una maggiore attenzione, perchè deve comunque relazionare il Tribunale, rispetto al trattamento terapeutico che è stato posto in essere; quindi, i sanitari, in modo molto coscienzioso, devo darne atto, hanno ritenuto che fosse il modo migliore per assicurare il prevenire problematiche maggiori. Parliamo anche del fatto che il signor Cutolo avrebbe avuto il rischio di cadute accidentali, assolutamente pericolosissime per una persona anziana. Parlo per esperienza personale, ma anche per il comune sentire: quante volte, per un ottantenne, una caduta, una frattura del femore, può incidere su patologie pregresse, che possono portare al decesso. E questo rischio, per persone vicine a quell’età, non è minore se il paziente si chiama Cutolo”.

“Bisogna evitare tutto quello che si può evitare in questo, senso, con più assistenza”.

“Esatto: quindi, in questo caso, l’attenzione, il focus sul carcere di Parma, ha portato i sanitari ad avere, secondo me, un’attenzione maggiore, un’attenzione più elevata: quando hanno ritenuto che non fosse più possibile prevenire in carcere…Quando hanno visto che il signor Cutolo non era in grado di autogestirsi, neppure con l’aiuto di un piantone,  che potesse aiutare nel pulire la cella, che potesse prendersene cura nel gestire l’igiene personale, hanno preferito farlo monitorare in ambito ospedaliero: credo sia  stata una scelta molto intelligente, da questo punto di vista, da parte dell’ avvocato Aufiero, di non impugnare quella ordinanza, in presenza della situazione attuale, perchè le cure in ospedale sono fondamentali. Diversa è invece la valutazione sull’applicazione del regime differenziato, per cui lui, per assurdo, si trova collocato nella sezione detentiva dell’ospedale di Parma, ancora sottoposto al regime differenziato del 41 bis, perchè per il Tribunale di Sorveglianza di Roma può essere soggetto potenzialmente ancora in grado di mantenere i collegamenti contatti con la criminalità organizzata”.

“Con la Nuova Camorra (NCO) che non c’è più”

“Con la Nuova Camorra (NCO) che non c’è più”

Comunque è cambiato il contesto, cioè al di là del fatto che può essere cambiata la persona: sono passati molti, molti anni.” “Certo è cambiato, ma prima di fare valutazioni sull’esistenza, solo in passato, di un certo tipo  di criminalità organizzata, penso non sia in grado di trasmettere messaggi, di mantenere contatti: questa persona non è sempre presente a sè stessa in modo consapevole, c’è una degenerazione legata ad una malattia cronica, che ormai è legata alla sua età, ed è legata ad una degenerazione cerebrale: è chiaro che diventa difficile pensare che possa tenere contatti con chiunque, perchè ci sarebbe una sorta di capacità discontinua, nel momento in cui ha problemi ad interloquire con gli altri”.

“Lui più volte, comunque, ha detto di avere chiuso con la camorra, pur non avendo collaborato; insomma, ci possono essere molti motivi dietro una non collaborazione: non è facile uscire attivamente dalle mafie, ma non è detto che  sia più collegato, e non è detto che voglia esserci ancora realmente”.

“Anche la Corte Costituzionale, in tempi recentissimi, ha dato questa lettura, finalmente, della questione”

“A volte, non si fanno i nomi degli altri perchè si temono, in quei casi, rappresaglie, perchè si è contrari a delazioni”.

“La Corte Costituzionale ha sostenuto finalmente il diritto di difesa, anche senza collaborare, che significa anche difesa di sè, della propria famiglia, da rischi per l’incolumità personale. La collaborazione non significa sempre e solo una scelta personale, potrebbe implicare delle conseguenze a cascata sui propri familiari.”

“Nessuna delle due è scelta facile, è chiaro;  comunque, dottoressa,  in quei giorni, immediatamente precedenti al trasferimento di Raffaele Cutolo, c’era stata in effetti più attenzione sul tema, con vari servizi d’informazione, tra cui anche con un programma di Radio Radicale in favore dei diritti di tutti, anche dei suoi. Lei pensa che una informazione corretta quanto possa aiutare le coscienze?  Prima si parlava di una informazione invece non sempre corretta, sulla scarcerazione di certi boss…”

“Sì, l’informazione corretta è fondamentale. Io credo che sia stata fatta, in contemporanea alla questione della scarcerazione dei boss, una disinformazione assoluta: mi riferisco in particolare ad alcune trasmissioni televisive”.

“Al tempo della prima emergenza covid?”

“Al tempo della prima emergenza covid, che purtroppo tempo si riproporrà a breve, perchè non escludo la possibilità di ritornare ad una situazione simile, quantomeno numericamente”.

“Anche perchè molti di questi detenuti per mafie sono molto anziani, e quindi sono proprio loro i più a rischio, e  bisognosi di cure”

” Per citare la situazione che io vivo a Parma, bisogna dire che molti di questi detenuti sono con delle pene perpetue, con condanne all’ergastolo, o condanne trentennali, che magari sono arrivate ad essere pronunciate a distanza di 20 anni, dalla commissione dei fatti, quindi non è così anomalo trovare delle sentenze di condanna all’ergastolo, che vengono pronunciate per fatti degli anni ottanta, che diventano irrevocabili 20-25 anni dopo. In questi casi,  la persona probabilmente ha raggiunto anche un’età anagrafica elevata. La detenzione per un lungo periodo di tempo può essere un fattore di aggravamento di una serie di condizioni di salute. Sebbene l’informazione pubblica faccia spesso disinformazione, faccia pensare che i detenuti abbiano tutti beni per godersi la vita; si critica perfino che abbiano la televisione… in realtà la ristrettezza in un ambiente in cui non c’è la possibilità di esercizio fisico più accentuato, incide.”

“La detenzione in sè è una pena quasi corporale?”

“In parte è una pena corporale”.

“In parte lo è, quindi, non nel senso di violenza attiva, ma in altro senso sì”

“Assolutamente sì, perchè l’incidenza di patologie cardiologiche, che sono collegate ad una situazione di restrizione, di stress, di limitazione proprio fisica, per cui non si riesce a mantenere quella salute del corpo, che dovrebbe andare di pari passo con l’aumento dell’età. E’ chiaro che  molti detenuti di 70 anni, 80 anni, 85 anni, in condizione di libertà, potrebbero ambire ad una vita un po’ più lunga, arrivano con una serie di patologie, che li rendono chiaramente più fragili. Quindi preservare la salute in ambito penitenziario, a mio avviso, significherebbe anche fare una politica collettiva e sociale di diminuzione dei costi, cioè l’ammissione di detenuti a misure esterne, come la detenzione domiciliare, che poi non sono misure alternative: in questo caso, sono modalità differenti di esecuzione della pena. Per misure alternative io intendo tutte quelle modalità che prevedono un comportamento attivo: dalla possibilità di partecipare ad una risocializzazione, con il lavoro, con la partecipazione alla vita dello Stato”.

 “Sono tutte molto minori, insomma, le prime attenuazioni”

“La detenzione domiciliare, in caso di situazioni di salute fisica danneggiata, è semplicemente una modalità diversa di eseguire la pena; sarebbero, però, costi molto minori, quelli a carico dei cittadini, per il servizio sanitario nazionale: perchè un detenuto malato, all’interno del carcere, anche per prevenire danni gravi, è sottoposto ad una serie di visite, di controlli, di accertamenti diagnostici, che sono molto maggiori di quelli cui verrebbe sottoposto, se fosse detenuto affidato alle cure della famiglia, in un ambito detentivo in un ambito domiciliare, in un ambito pure molto ristretto”

 “Certo, sarebbero conciliati sicurezza collettiva e risparmio”

“Certo, ci sarebbe un risparmio, senz’altro. Io vedo il quadro clinico, ad esempio in vista di un’udienza di oggi: racconto di problemi dei miei assistiti, che avevano un peso specifico proprio elevatissimo: si dovevano prevenire eventi critici, che poi sono responsabilità dei sanitari: le persone fisiche a cui questi detenuti sono affidati; quindi viene un dubbio: piuttosto che rischiare un infarto, si fa un accertamento in più, e questa ha un costo, ma i costi in termini di sanità sono quelli della traduzione di un detenuto, che deve uscire dal carcere con una scorta, che deve essere accompagnato da un numero di agenti che lo vigilano. Non credo quindi che certa comunicazione faccia corretta informazione;  se solo si verificassero i rapporti dei garanti locali dei detenuti, che sono anche rapporti sull’incidenza di spesa della sanità penitenziaria, rispetto alle spese di un comune. Questo non è nell’interesse pubblico, mantenere delle persone in condizioni di incompatibilità, all’interno delle mura di un carcere. Sarebbe molto più economico farli andare a casa o in altra struttura, con aiuti e  contributi economici della propria famiglia”.

“Certo, quindi purtroppo, a volte, invece di analisi anche più ragionate, ci sono slogans…”

“Ci sono slogans, probabilmente anche più rassicuranti, per il cittadino, che partono, però, da un’informazione errata”.

“Una informazione errata, forse si fa propaganda politica: soprattutto un modo di prendersela, con chi ce la si può prendere, in modo sommario…”

“A volte sì. Io credo che una informazione errata abbia portato molti magistrati di sorveglianza ad avere delle remore nel concedere qualcosa”

“Forse timori di un’opinione pubblica non bene informata. A volte, invece, quando ci sono forme di informazione diversamente orientate, sul garantismo, in alcuni casi si vedono dei risultati: non so se ci sia completo rapporto di  causa ed effetto, ma è possibile si raggiungano delle coscienze; a volte, si nota anche il contrario: forse non spessissimo, forse ancora troppo poco.”

“Ci sono magistrati assolutamente terzi, alcuni fanno giurisprudenza: sono davvero delle perle, vengono indicati come punti di riferimento: li chiamerei un patrimonio nazionale, per quanto ci riguarda: hanno un’indipendenza assoluta, fanno una valutazione assolutamente oggettiva dei dati che vengono portati avanti, indipendentemente dal nome e dal cognome, che possono essere pesanti per l’opinione pubblica: con una totale terzietà rispetto alla valutazione che potrebbe avere quel provvedimento da parte dell’opinione pubblica. E questi sono quei casi di una corretta applicazione della giustizia. Dovrebbe essere quello: il giudice non dovrebbe essere influenzato da certi fatti, dal curriculum criminale, quando valuta condizioni di salute di un individuo; così come un medico che va a fare una valutazione: per medico intendo un perito del Tribunale, che deve fare una valutazione di compatibilità, a mio parere non dovrebbe neanche conoscere l’identità del detenuto che va a valutare. La prima domanda che viene posta da alcuni periti è: “Che cosa ha fatto?”. Non dovrebbe essere questa la domanda che viene posta”.

“Certo: diciamo che non c’entra”.

“E’ come fare una domanda fuori luogo: è una domanda che non dovrebbe essere posta, in quel contesto, perchè un  sanitario dovrebbe valutare semplicemente delle condizioni di salute, indipendentemente anche dal nome e cognome. Spesso infatti un buon aiuto è quando si  accede all’ospedale con degli omissis nella cartella clinica. Così c’è una terzietà molto maggiore del rapporto del sanitario con il paziente”.

[Nota di aggiornamento: Raffaele Cutolo è deceduto il 17 febbraio 2021, assistito con impegno, fino all’ultimo, dai medici del centro clinico esterno di Parma, che hanno impedito il suo ritorno in carcere per gli ultimi sei mesi e mezzo della sua vita; nonostante le gravi condizioni di salute, l’estinzione della Nuova Camorra Organizzata,  confermate dai fatti, per responsabilità di magistrati  era ancora sottoposto al 41 bis e non gli era stato dato differimento ufficiale della pena, sebbene la sua non dimissibilità fosse per patologie non reversibili. La decisione della direzione sanitaria del carcere di Parma di farlo ospedalizzare in un centro esterno ha impedito, comunque, che morisse in carcere, senza cure sufficienti; le cure esterne che gli sono state assicurate, dal luglio 2020 al febbraio 2021,  rimangono un atto di correttezza e civiltà, che in altri casi , riguardo persone diverse, purtroppo non sempre si sono verificati. ]

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