di Adolfo Durazzini
Quando ci si muove su un piano relativo, occorre saper riconoscere gli enti “altri” come relativi e non ontologicamente, vale a dire assolutamente, “reali”, nel senso di aventi una realtà propria e a se stante.
Ogni forma di dualismo, come ogni forma di -ismo, è di per sé qualcosa di labile, non avente dunque una sostanza, un’essenza propria, ma compartecipante di un’essenza assoluta.
Come l’impersonalità nello scrivere, non derivi dal fatto di firmarsi o meno, ma da un’apertura che è principalmente ascolto, ascolto anche di ciò che è contrario, nemico, sul piano relativo, e non sul piano finale, o ultimo.
L’impersonalità è una pratica che fa del proprio corpo, della propria anima, un elemento unitario con lo Spirito, in totale Verticalità, attingendo all’Essere come unica fonte di realizzazione qui in terra, nella manifestazione del relativo, perciò l’inimicizia, il contrario, il conflitto, come il pensiero, non possono essere annullati, cancellati dalle menti.
Pensare di sbagliare perché non si accontenta tutti è di per sé un errore infantile, e qualora attingessimo finalmente alla vetta della realizzazione della non dualità, comunque ci sarebbero nemici, relativi, proiezioni proprie spesso, o veri, là dove questi, su un piano di consapevolezza simile, muovono guerra al tuo Essere, o meglio all’Essere.
Un piano di conflittualità che non può essere evitato, ma che anzi, in questo periodo di nascita e festeggiamento di Rama, l’eroe per eccellenza in India, vuole delimitare sul piano materiale, tangibile, una differenziazione che sarà sorprendentemente presa come di-bolica, da ciò che inevitabilmente chiamiamo il sistema, ovvero, ahimé tutti noi, esclusi quelli che si separano, e di per sé fanno i Farisei, cioé quelli che si “separano” dalla società marcia, e muovono in totale vitalismo e individualità, la propria guerra aperta a ciò che si reputa non giusto, non libero, non affrancato, non bello.
Qui nessuna verità potrà essere considerata come falsa, essendo su questo piano, una piena soggettività, che attinge all’assoluto modo di comportarsi, parlare, scrivere, agire.
Florenskij, sommo neoplatonico russo, prima di essere Mistico e prelato ortodosso, ebbe a sottolineare l’importanza della parola, del logos, del suono e dell’epistemé: come in India, nelle religioni sfaccettate che derivano da un complesso di forme vediche e non vediche, Vàc, la parola che crea, è il principale suono senza significato ma avente scopo di ordinare, o distruggere per ri-ordinare.
In quest’epoca davvero dura, gioiamo del fatto di essere diversi, divergenti, di essere apertamente in conflitto: del resto siamo anche noi parte di un Tutto che si esprime liberamente anche in questo modo.
La lotta alla quale noi apparteniamo, nelle sue svariate sfaccettature, religioni, politiche, pensieri, non avrà questi in comune, ma un comune senso di appartenenza ad un piano di realtà, ad una dimensione del pensiero, totalmente diverso, che non ha bisogno di dogmi in particolare per attingere alla fonte.
Non siamo umani perché musulmani, cristiani, pagani, ma siamo umani per la medesima capacità a sottomettere ciò che oggi e domani ci sta negando.
Siamo umani, perché non abbiamo bisogno di protesi di nessun genere per Essere, e per superare il limite, fosse anche la morte, e quindi? Voi credete alla morte? E se scrivendo io, fossi già morto, ve ne accorgereste?
Vita, Morte, bello, brutto, sono parole vuote, pensieri vani, il limite va superato, perché se siamo umani e non dèi, perché possiamo morire, allora siamo oltreuomini, perché nessun computer può analizzarci in toto e superarci.
L’appartenenza ad un genere umano, ad una pluralità di manifestazioni ad esso collegato, è una realtà tangibile e analizzabile: partiamo dal presupposto che non siamo soli in questa tenzone, e che siamo tutti, nelle nostre sane differenze, parte di un medesimo fronte, di una stessa trincea, non più fatta di egoismi, di furberie da quattro soldi, ma della convinzione che soli non ce la possiamo fare, ma uniti abbiamo un senso, una testimonianza, di portare al porto di salvezza quella scintilla che fa di noi dei Mannaz.
Perciò, a chi leggesse il manifesto di Revolvere, a chi si vergogna o si imbarazza dei nostri messaggi, dei libri venduti, dei pensieri avversi e divergenti, noi rispondiamo che c’è tanta lettura varia su internet, e tante cose belle da fare in questa vita, non preoccupateci di noi pochi diversi e divergenti, non siamo pericolosi, preoccupatevi di riempire le vostre “vite” con quello che vi accrescerà, se ne siete capaci.
Se trovate fanatico uno di noi, è possibile, ma avrà modo di perfezionarsi, tuttavia noi crediamo che i fanatici si celino purtroppo ovunque, e l’ignoranza quindi la malafede e la cattiveria, su tutti i piani d’esistenza qui in terra. A noi i fanatici ci fanno un bel baffo, e giammai apprezziamo loro come parte di noi, ci sappiamo ancora dominare.
Dimostrare di non essere colpevoli, e di per sé una perdita di tempo inutile, se a fare il Giudice, è una persona che a malapena conosce la propria lingua, perciò che i fanatici e i razzisti di ogni genere non si preoccupino dell’esistenza di linee di fuga, di persone divergenti, tanto non ci incontreremo e se dovessimo farlo, venite a casa mia, c’è un ottimo caffè, fatto per gli amici e i nemici.