Giustizia

Carceri, diritto alla salute e incostituzionalità del carcere ostativo. 2/3

17 Febbraio 2021

Intervista all’avv. Monica Moschioni. Introduzione e quesiti di Antonella Ricciardi.

“Già prima dell’emergenza covid c’erano dei problemi, e c’era stato, tra quelli da lei trattati, il caso tragico di una persona, non ammessa, forse nei tempi giusti alle cure: Michele Pepe: detenuto per camorra, passato dal regime del 41 bis ad uno meno estremo, sebbene, comunque, di alta sicurezza. Michele Pepe è purtroppo deceduto a soli 48 anni, nel 2018. Data la concomitanza quasi completa tra decisione di nuova incarcerazione ed infarto, si è fatto abbastanza per chiarire se si sia trattato di una tragica fatalità o forse c’erano elementi emersi per continuare le cure nel centro specializzato?”

“Quella con Michele Pepe, per quanto mi riguarda, è stata purtroppo un’esperienza negativa: nel senso che Michele Pepe ha avuto un iter piuttosto, diciamo, “movimentato”. Era stata richiesta la detenzione ospedaliera, in questo caso, poi trasformata  in detenzione domiciliare, perchè non si era riusciti ad individuare una struttura idonea ad ospitarlo: lui aveva una serie importante di patologie.”

“Giovane ma con patologie”

“Esatto. Si è dovuti, purtroppo, arrivare nelle more dell’accertamento, di questa sua  incompatibilità della sua situazione con il carcere. Nel suo caso, si è dovuti arrivare purtroppo ad un evento critico: è stato ricoverato in situazione di urgenza all’ospedale”.

“Ospedale esterno, e non centro clinico”

“Sì. Era stato ricoverato in situazione di criticità assoluta: era entrato in ospedale in stato comatoso, quando appunto il carcere non poteva essere più in grado di fare nulla, per cui ha dovuto accedere alle cure della rianimazione. In quel caso gli era stato concesso: l’ospedale era stato in grado di risolvere la situazione, quantomeno a riportare la criticità ad un livello di stabilità; quindi, era stato ammesso alla detenzione domiciliare, dopo avere avuto un lungo periodo di ricovero ospedaliero, in una condizione di totale incoscienza, perchè aveva avuto, appunto, un periodo di coma”.

“Era proprio molto grave…”

“Sì, e aveva avuto patologie respiratorie molto serie. Era riuscito ad avere un recupero sostanziale, nella detenzione domiciliare,  per le sue patologie critiche;  a quel punto, poichè la sua pena non prevedeva la possibilità di una detenzione domiciliare fino alla sua fine, perchè tale pena era ancora abbastanza lunga, gli è stata concessa la detenzione domiciliare a termine, con un termine di durata. Alla fine di questo periodo, è stato riportato in carcere, perchè aveva raggiunto un livello di stabilità clinica accettabile”.

“Ma neanche nel centro clinico dipendente dal carcere; era stato messo proprio nel carcere “in senso stretto”? Era in cella?”

“In senso stretto, sì. Era in cella, in sezione ordinaria. Aveva avuto intanto, poichè nelle ore era scaduto il termine del regime differenziato del 41 bis. A quel punto, era stato trasferito dal regime differenziato, ad uno del circuito di  alta sicurezza”.

“Qualcosa di minore, seppure ad alta sorveglianza, rispetto al grado più estremo del 41 bis”.

“Sì, anche perchè il suo quadro clinico era tale, da recidere del tutto la sua pericolosità sociale: era stato anche, appunto, in stato comatoso, poi era rientrato in carcere, con una valutazione di minore pericolosità sociale: non è stato più applicato il regime del 41 bis, che nelle more era scaduto, e non gli è stato rinnovato. Era comunque in un regime di alta sicurezza, ma minore.  Rientrato in carcere, però quelle patologie, che erano così importanti, hanno subito un nuovo aggravamento, perchè purtroppo lui era una persona che doveva essere proprio seguita: le sue patologie erano croniche. Nelle more di questa nuova detenzione, in carcere, intramuraria, è stata presentata una nuova istanza, di detenzione domiciliare per consentirgli di avere una nuova possibilità di cura, e purtroppo, quello che era stato segnalato da me come difensore, cioè che lui si trovava in una condizione di estrema gravità, che lo rendeva incompatibile con la detenzione intramuraria, non ha avuto un ascolto dalla magistratura di sorveglianza: è stata attivata una procedura, per l’accertamento della sua incompatibilità, con un tempo più dilatato rispetto alla gravità della situazione, per cui è deceduto prima di avere un accertamento da parte del Tribunale. Una seconda udienza avrebbe dovuto verificare le condizioni di salute: in quel caso, ritengo ci sia stata una sottovalutazione della gravità. Per la verità, è stato instaurato un procedimento penale per l’accertamento di eventuali colpe mediche, comprovate responsabilità, con riferimento a questo decesso, avvenuto in un momento in cui era ancora pendente un procedimento per l’ottenimento della detenzione domiciliare.”

“Ma l’autopsia ha detto qualcosa? Siete all’appello?”

“Siamo in attesa di capire meglio gli sviluppi, nel senso di registrare che il decesso è avvenuto proprio per una delle patologie che erano state segnalate, una delle patologie più gravi. non era più in coma, ma le patologie erano comunque gravi.”

“Quindi si sapeva qualcosa”

“Sì, e ne aveva svariate, e bisogna capire se ci sia stato qualcosa di sbagliato, perchè un decesso di una persona di 48 anni, nata nel 1970, quindi addirittura prima dei suoi 50 anni è ad un’età ancora decisamente giovane prematura, per una morte naturale, di solito. Si dovrà chiarire su eventuali responsabilità. Non è purtroppo però la prima volta, e lo dico non con tono polemico, ma con dispiacere, che un mio assistito decede in carcere.. Tornando a Michele Pepe, consideri che lui aveva, tra le sue patologie, un problema polmonare importante, che aveva comportato la necessità di mettergli, per almeno 18 ore al giorno, un respiratore: una terapia di ossigeno, per cui avrebbe dovuto, in una condizione ottimale, ottenere un miglioramento complessivo della sua condizione fisica, per arrivare ad essere affrancato da questa dipendenza, dall’ossigenoterapia. Gli esiti degli accertamenti da parte della Procura della Repubblica di Torino non sono stati ancora del tutto chiariti, comunque pare che il decesso sia avvenuto per un arresto cardiaco, ma per una insufficienza polmonare. Esattamente i problemi che lo avevano portato, all’epoca, ad entrare in ospedale, in uno stato comatoso”.

“Una vicenda che si commenta, forse, da sola..”

“Si commenta da sola..”

“Si continueranno, comunque, gli accertamenti…

[Nota di aggiornamento: sul caso di Michele Pepe si sono riaperte le indagini, con l’ipotesi di omicidio colposo per cui è indagato un medico di guardia]

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