Prima ancora di dimostrare le responsabilità pubbliche in ordine all’efferato episodio romano, ci tocca fare una precisa distinzione. Uno Stato è tale quando persegue con strenuo impegno, e poi esercita nella realtà, i principi di affermazione della legge, dell’ordine e del vivere civile. Uno Stato rimuove a monte le condizioni che possono portare a delitti sistematici – di qualsiasi tipo – siano essi episodici o seriali, che solo in apparenza sono inevitabili. Quello che sfugge alla repressione di fenomeni delinquenziali, viene punito con severità esemplare.
Ma lo Stato in Italia non esiste. Esiste un complesso di istituzioni, meglio definibili Anti-stato, che nel loro insieme perseguono fini diversi dal benessere della popolazione che simulano di rappresentare.
Così come un tumore cerca di imitare le cellule vive, l’Anti-stato occupa tutti gli spazi destinati ad uno Stato degno di questo nome, anche se nella sostanza non esercita il ruolo che uno vero Stato eserciterebbe al suo posto.
L’apparato di filastrocche ipnotiche, retto su parole fantasiose recitate come un mantra, genera l’equivoco finale: una dittatura bancaria con servitù (politica, accademica, giornalistica ed istituzionale) di basso livello etico ed intellettuale, si presenta come una “democrazia” che garantisce libertà, tutele e giustizia.
Ma passiamo all’analisi precisa. Esseri pseudo-umani, sbarcati in Italia senza averne diritto, si impossessano di beni di cittadini, li occupano e lì decidono di installare la loro centrale di distribuzione di ogni forma di droga.
Presi dalla loro bestialità e dal senso d’impunità dilagante, pensano di poter stuprare una ragazzina, finendo per ucciderla. Forse volevano “solo” violentarla, non lo sappiamo. A Pamela, a Macerata, è succcesso lo stesso.
Approfittano di ragazze sbandate, e le trattano come se fossero oggetti: abusando di loro, uccidendo e squartando.
Si tratta, sempre, di individui che non sarebbero mai dovuti essere in Italia, che in genere vivono in posti che non potrebbero occupare, che illegittimamente girano liberi nelle nostre strade, e, quando espulsi, continuano a farlo con impunità.
Il quadro generale vede sul banco degli imputati il maggior responsabile: l’Anti-stato italiano.
La polizia ed i carabinieri non esercitano nessun controllo. Se ad essi ci si rivolge, come fanno da anni i cittadini delle periferie italiane, si ottengono risposte evasive, a volte scocciate, ma nessun effetto frutto di azioni concrete.
I magistrati esrcitano l’azione penale con pigrizia e, molto spesso, lo fanno attraverso la lente deformante dell’ideologia del permissivismo e della comprensione pelosa di origine marxista.
Questori e Prefetti incarnano perfettamente il principio d’immobilità che l’Anti-stato gli trasmette.
A che serve parlare di responsabilità penali personali, senza accorgersi che esiste un preciso disegno, un piano dettagliato, che prevede tutto ciò, che pianifica tutto, dall’invasione al degrado delle periferie, esercitando l’annullamento di ogni ipotesi di giustizia attraverso la neutralizzazione di magistratura e forze di polizia, complici, nella loro vile inerzia, della situazione attuale.
Che l’Anti-stato possa mai diventare qualcosa di umano, giusto e rappresentativo di una vera civiltà, appare ormai evidente che si tratta di utopia.
Tutto quello che accade a noi ed intorno a noi non è casuale. Non c’è “qualcosa che non va”. Va tutto bene, secondo i piani che l’Anti-stato è chiamato a realizzare dai suoi padroni internazionali, i signori della finanza che odiano i popoli e la loro felicità.
Senza questa precisa consapevolezza, non ci sarà azione politica e culturale che potrà avere possibilità di successo.
Questo “mondo” non possiamo aggiustarlo. Bisogna distruggerlo, raderlo al suolo, e, prima ancora, immaginarne un altro.
Non sarà facile, vasto programma ci attende, ma quale sarebbe l’alternativa se non l’infinito elenco di compromessi ed utopici aggiustamenti che, come sabbie mobili, ci porterebbero soltanto a vivere passivamente nel mondo del nemico?