Attualità

Marco Polo torna a casa.

28 Marzo 2020

di Federico Paolucci

“La Cina sta imponendo la sua diplomazia di guerra al coronavirus” – Corriere della sera

In principio, almeno secondo la storiografia prevalente, fummo noi. L’ambizione o vocazione di Roma a dominare il mondo intero si realizzò con l’Impero Romano. Di modelli di impero se ne sono susseguiti svariati, con la fine di Roma, senza indugiare sulle caratteristiche e sulle differenze tra questi, il sogno di tutti gli Stati (dopo la rivoluzione francese, anche delle nazioni), che acquistavano potere sullo scenario mondiale è stato sempre lo stesso: non solo accrescere la loro forza per difendere i confini, ma di dominare il mondo. D’altra parte, se l’uomo ha avuto l’antropocentrica ambizione o vocazione di affermare il proprio predominio sulla natura, sul piano della costruzione dell’io collettivo in rapporto con la terra, sul piano geopolitico è anche naturale che le nazioni o i popoli forti non difendano semplicemente la propria potenza, ma cerchino di usarla per dominare il mondo. Un’ ambizione/vocazione che non appartiene al concetto di giusto, ma al concetto di realtà, nel senso che ad essa hanno dato Spinoza, Giordano Bruno, Machiavelli, contestati da chi fa riferimento al concetto di giusto e di fine verso il bene (quasi esclusivamente sul piano teologico, quindi) ma mai smentiti sul piano del realismo della storia. D’altronde, la banalità del male, di Hannah Arendt, è la consacrazione postbellica del principio di realtà/necessità.

La nostra storia moderna ha conosciuto la stessa forza propulsiva imperiale. Hitler e la sua guerra schmittianamente orientata alla rivalsa della terra (la Germania) contro il mare (l’impero britannico)  e, dopo la guerra, l’impero americano, con la stessa voglia di egemonia e con lo stesso anelito ad eguagliare i Romani, come scrisse, già negli anni ’70, Luttwak ne La grande strategia dell’Impero Romano. Di fronte, la Russia, che anche quando sovietica non ha rinunciato a restare impero e che oggi, con Putin ci riprova, conscia però di poter giocare le sue carte solo verso l’Europa e mantenere la sua influenza sui paesi limitrofi ad oriente, più per difesa che per espansione. Ma senza un profilo imperiale, nel senso “romano” del termine. Oscilla tra le mire espansionistiche verso il sogno della “Terza Roma” (dopo Roma e Costantinopoli, toccherebbe a Mosca, secondo la mitologia della storia in chiave hegeliana richiamata da Alexander Dugin) e la difesa degli interessi nazionali. Ma non un tentativo di “dominare il mondo”. Allo stesso modo Trump, dall’altro lato dell’oceano che, con la sua “America first”, lancia un messaggio all’interno e cerca di difendere il suo popolo più che conquistarne altri.

 Attraverso l’azione diplomatica di Di Maio la Via della Seta era già spianata

Oggi, ai tempi del Coronavirus, resta solo una potenza a coltivare e praticare il sogno imperiale: la Cina. Da sempre impero, nazionalista solo ai tempi di Mao, ritorna a voler “dominare il mondo”. Possiede la forza militare, scientifica, tecnologica ed economica, ma più importante ha il popolo dalla sua parte, non ancora infiacchito da tentazioni consumistiche e lussuriose, le stesse che determinarono

la fine dell’impero romano. Un popolo che ha bisogno di spazio e di nuove terre. Dopo aver invaso tutto il mondo con container di prodotti che anche le imprese occidentali ormai da decenni lì producono, dopo aver letteralmente comprato intere nazioni in Africa, la vocazione imperiale cinese non si fermerà. Sarà per questo che Xi Jinping ha telefonato a Angela Merkel, Emmanuel Macron, e al presidente serbo Aleksandar Vučić?  Attraverso l’azione diplomatica di Di Maio la Via della Seta era già spianata, ma non contento ha chiamato anche Madrid, scegliendo non il capo del governo ma il re Felipe, come a lanciare un messaggio tra “imperatori”. “Il leader comunista sta imponendo la sua diplomazia di guerra al coronavirus” ci dice il Corriere della Sera, ai leader di tutto il mondo sta comunicando che è pronto a fornire tutto il suo sostegno. E, aggiungiamo, a mostrare e dimostrare la sua forza.

L’Europa? Beghe di pollaio tra governanti che sono pronti a vendersi al miglior offerente e con i suoi popoli che hanno avuto, almeno fino al tempo del Coronavirus, un unico grande obiettivo per il futuro: l’aperitivo, anche nello stesso locale frequentato dai figli, magari. Crolla così il Sogno Europeo di Rifkin, ma anche L’Impero interiore di De Benoist. Resta, purtroppo, solo Spengler e il suo Tramonto dell’Occidente così la buro-democrazia europea, in crisi di capacità decisionale e di consenso popolare, lascerà il posto al decisionismo autocratico (la democratura, la chiamano alcuni), che piace tanto a De Luca, Governatore della Campania. Le prove tecniche, in Italia, le sta facendo il Governo Conte: archiviare la democrazia, e al popolo non dispiace e neanche alla Cina. Ciò che interessa, d’altronde, è che finalmente avremo un nuovo piano Marshall in salsa cinese. Riusciremo però ad imporre, in nome della nostra storia, che prenda il nome di “Piano Marco Polo”. La coscienza è salva.

P.S. Ho scritto quest’articolo quattro giorni fa, che in questa fase sono un’eternità. A conferma di quanto paventato nell’articolo, oggi apprendiamo che un post pubblicato su Weibo (la versione cinese di Twitter), sull’auspicio che l’Italia lasci il G7, ha ricevuto 240 milioni di condivisioni. Ecco il testo: «Dalla storia delle due guerre mondiali del Ventesimo secolo abbiamo imparato che l’Italia ha sempre cambiato alleanza, schierandosi con i vincitori. Le sue decisioni sono state prese per considerazioni di lungo termine. Ora è tempo per l’Italia di lasciare il G7 e schierarsi con la Cina». Al di là della lettura sulla capacità di cambiare alleanza, schierandosi con i vincitori, vista come una virtù, mi chiedo se non abbiamo anche un problema di autostima, visto che mi pare che questo piccolo grande paese sia ormai sotto i riflettori (tricolori) di tutto il mondo.

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