Attualità Cultura

Muore Re Art-tù! Viva Art-è!

3 Settembre 2020

Trapassa il 2 settembre 2020 a Milano lo storico dell’arte, politico e uomo poliedrico che era Philippe Daverio. Un uomo singolare, o meglio singolarmente multiforme. Un arlecchino nato nella città di Mulhouse, in Alsazia-Lorena, francese di cittadinanza, italiano di cuore e di sangue, intenditore della vita, come direbbero gli ungheresi un Tudok élni. Se fosse stato un personaggio del Rinascimento, indubbiamente sarebbe stato Rabelais, mentre Depardieu, Pantagruel!

Daverio cresce a Varese, alla Scuola Europea. Uno dice, ma come mai non Parigi, città ripercorsa più d’una volta da Philippe? Il buon “Pippo”, ripeto, poliedrico personaggio, riparte da zero a Varese! Poi una successione di genialità e di incontri mai fortuiti, lo portano a Milano, un po’ come Pozzetto in vari film suoi, dove un ragazzo di campagna, nel caso di Philippe, molto raffinato, si ritrova in un mondo fatto di festini, droga, ipocriti e tante tangenti… In ogni caso le gamin, si fa strada anche a Roma, a Firenze e Venezia, insomma dove l’Arte lo attira inesorabilmente come l’ape al miele. La forza di Daverio lo porta a sognare un’Europa unita nelle sue sfaccettature, questo attraverso l’Arte, la bellezza, il vero e… la geopolitica! Così, oltre a tanti inserti televisivi in Italia e Francia, la sua carriera lo porta sul canale franco-tedesco Arte, dove presenta un format innovativo, creato da lui stesso, che si chiamava Le dessous des cartes. Philippe in 10 minuti, senza tediarti, ti spiega con tanto di cartine geografiche e politiche, la situazione di ogni conflitto passato, in divenire e in auge, con le dovute implicazioni strategiche ed economiche oltre che ideologiche. Il format ha riscontrato un grande successo nelle menti degli auditori di Arte, ovvero di una clicca ridotta di personaggi che vanno dall’autore del presente articolo, al radical-chic berlinese fino a passare al gauchiste cavializzato e avvezzo al Bon Marché. Evidentemente, il programmino di Daverio, come tanti altri suoi, non era più abbastanza interessante per la popolazione intera, drogata da continui input televisivi radicalmente osceni e privi di ogni senso. Annovero così una serie di format che un tempo, tra Italia e Francia, cercarono invano di fermare il deserto che avanza: Frédéric Taddei e il suo bellissimo programma Ce soir ou jamais!; Gabriele La Porta con i suoi vari mini format su Rai Notte; Enrico Ruggeri con Mistero; e non in ultimo il buon caro Marco Dolcetta…

“Se fosse stato un personaggio del Rinascimento, indubbiamente sarebbe stato Rabelais, mentre Depardieu, Pantagruel!”

Questi mini programmi erano, al di là dell’effettiva competenza del presentatore, una boccata d’ossigeno nell’ammorbamento generale. Uno accende la tv e vorrebbe riposarsi, vorrebbe guardare qualcosa che non sia solamente scema, e tantomeno volgare, ma i direttori della censura televisiva e massmediatica hanno deciso di fare tutto il contrario, atteggiamento che ha dell’ovvietà, perché con cose sensate si dà senso alla vita di una persona, o la si riconferma come un buon libro e una bella risata in buona compagnia. Oltre alla qualità eventuale di tali programmini ormai del tutto spariti sui nostri televisori, devo aggiungere che la divulgazione di massa di tali concetti non era incomprensibile ai più, così facendo si instaurava anche un’iniziazione alla curiosità e al piacere di uscire di casa e farsi una passeggiata, magari anche in un museo o in un castello fuori porta che mai si pensava si sarebbe andati a visitare. La curiosità, l’interesse per le cose di questo mondo hanno fatto anche una tv di qualità in alcuni momenti sporadici, che non sia solamente gonadi messe all’aria, o canzoni qualitativamente basse, oppure risate forzate che sanno più da ovile che non da Dioniso. Aggiungo, circa Taddei o Daverio, che sono ed erano dei presentatori super partes poiché acculturati nel vero senso del termine, non temevano giudizio e si sbarazzavano della censura, in nome di una libertà d’opinione e di parola tanto decantata da un certo mondo ma mai effettivamente applicata. Ricordo Taddei per essere stato uno dei primi presentatori francesi coraggiosi nel parlare di Louis-Férdinand Céline, o meglio anche di alcuni filosofi proscritti ma non per questo inesatti nella loro analisi dei fenomeni della vita.

Per tornare a Daverio, concluderei che il sentire come proprio tutto un patrimonio culturale che vada dall’arte alla musica, dalla Storia alle idee, dai valori alla filosofia, non è disconnesso dalla pratica e dall’azione, anzi non devono essere disconnesse. Se pensassimo a quanto sia stato importante studiare per sopravvivere e unire l’azione al bello, allora sentiremo l’importanza che il mondo “triviale” dello studio e della cultura sia ormai coperto di un manto di impostori, che hanno facilitato il facile giudizio e la dicotomia tra mondo dell’azione e mondo dello studio. Per Philippe Daverio, due mondi assolutamente non in contrapposizione e una delle sue lotte politiche fu anche in questo senso, come Montanelli, nel saper vivere non come “contemporanei”, ma come custodi di un passato, come viventi nel presente e assertori delle aspettative del passato.

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